
Vivarium: amore, vita di coppia, alienazione.
Insomma.
Bella forza che ci si sposa poi, boh, case-figli-case-più-grandi-suv-vecchiaia-morte.
Facile, fanno tutti così. Infatti sta cosa funziona se siamo tutti d'accordo.
Mettersi a fare domande rompe il dogma.
Non si devono fare domande, andiamo avanti tutti felici.
Aspetta... quello laggiù non è felice? Convinciamolo, deve esserlo, per forza via...aiutiamolo dai ragazzi tutti insieme...ragazzi?...oh rag...ma dove...
che poi a guardar bene quello laggiù è un cactus...
...ragazzi?
Kafka si affaccia alla vita di coppia in atmosfere ligottiane. L'intenzione narrativa del film è abbastanza chiara fin da subito ma non rovina in nessun modo l'esperienza che ci propone.
Siamo tutti incastrati in ruoli e labirinti predeterminati, casa-lavoro-relazioni-figli.
Alcuni di noi scelgono aspetti di questa routine, altri ci si adagiano, altri invece la vivono come un incubo che si schiude come una orchidea maligna man mano che il tempo passa.
Il film di Finnegan ci dimostra con rappresentazione onirica, come quest'ultima categoria possa vivere la quotidianità. L'incubo che mette in scena Vivarium è senza ombra di dubbio raccapricciante quanto banale ed è veramente difficile sentirsi completamente estranei a quello che stiamo vedendo.
E' sicuramente semplice a dirsi: in opere come questa si descrive in modo vivido lo stato d'animo di persone che perdono il controllo, commettendo atti violenti contro se stessi e chi li circonda. Ed in questo film non c'è violenza in senso stretto, quello che c'è è il senso di costrizione, di prigionia e mancanza di prospettiva fino al parossismo.
Ogni responsabilità vissuta da adulti possiede una duplicità, da una parte ci rappresenta e costruisce la nostra personalità dall'altra ci costringe ad aderire ad essa stessa.
Nello stesso modo la genitorialità, forse aspetto preponderante di tutto il film, quello che mette fin da subito alla prova i personaggi condizionandoli fino al midollo, viene reso come un incubo irrinunciabile.
Rimane, oltre alla magnifica sensazione di disagio, l'idea che lo stereotipo occidentale di quotidianità possa e debba essere superato e che la messa in scena di un film potente come questo faccia da monito più che da elegia per quel poco che ci rimane da vivere.