Un film ovviamente censurato e criticato aspramente, soprattutto dalla chiesa cattolica che ai tempi lo definì come una specie di "buglione orgiastico".
Un film esteticamente raffinato e potente con una messa in scena talmente studiata da ricordare Kubrick e che mette in scena lo scontro del potere con sé stesso.
"Power tends to corrupt; absolute power corrupts absolutely", diceva qualcuno.
A me piace pensare che la corruzione del potere non sia un fatto negativo (o positivo), ma semplicemente un fatto. Qualcosa di molto simile alla data di scadenza del latte: "Il latte tende a marcire, se mantenuto aperto all'infinito marcirà indefinitamente."
Cosa succede se non c'è data di scadenza? Succede che il marcio può rischiare di diventare sistematico.
E se i poteri sono almeno due? Il potere assoluto (il marcio sistematico) può essere condiviso?
L'evidenza logica impone risposta negativa. Il potere assoluto in quanto tale appartiene ad uno ed uno solo. Il potere spirituale e quello temporale, nonostante le buone intenzioni costituzionali, sono fatti per confliggere all'infinito.
Il protagonista Gradeur sembra trovarsi in mezzo a questa guerra: fa parte del clero ma ribelle e amante dei vizi, soggetto diviso tra spirito e tempo.
Ed infatti è lui che finisce per dimostrare l'impossibilità, suo malgrado, di questa convivenza, diventando bersaglio, punto di convergenza della distruttività corruttrice di entrambe le fazioni.
Siamo fatti dello scorrere del tempo e il nostro declino biologico non ammette l'assoluto in nessuna forma. Con questo concetto il 20° secolo ci ha lasciato, da una parte orfani di ideologie e fantasie sovrannaturali su creatori celesti, dall'altra la speranza di poter ripartire per una volta da una base comune, una visione onesta e naturale dell'animale uomo.
Possiamo dire che ancora viviamo di speranze.