Scrivevo nel 2009:
Dedicato a Tarkovskij, i detrattori hanno pensato ad una trovata provocatoria vista la nota vicinanza alla fede cattolica del regista russo.
Quanta superficialità spesa a oscurare un un film che ha tanto da raccontare sulla natura umana, sul dolore, sulla cultura.
[...]
Tre i temi fondamentali:
La perdita, il senso di colpa, cultura/natura.
La natura è protagonista, ambientazione (qui l'aggancio con la Zona di Tarkovskij) ed unica realtà; in essa si risolvono, in una danza carnale di eventi estremamente forti e trans-culturali, tutti gli altri elementi di cui è intessuta la trama.
In questo modo i protagonisti sono messi a nudo in una modalità totalmente non etica e non dialettica.
Tutto ciò che cerca di spiegare e di dissolvere psicanaliticamente le difficoltà dei protagonisti è destinato a fallire, nella prospettiva meravigliosamente caotica e viscerale che ci offre la nostra "organicità".
Esiste il lutto in natura? esiste un lutto prelinguistico? Ovviamente no. disperazione e gioia sono in ultima analisi carnali e naturali. L'impossibilità di affrontare un dolore troppo grande ci riporta su un piano ancestrale e dove la visceralità non è altro che elemento ritmico del movimento caotico della natura.
Forse la dipendenza di uno Stalker alla sua zona, altro non era che un ritorno. Forse i protagonisti del film di Trier altro non sono che disperatissimi Stalkers.
In fine, il titolo, ovviamente si riferisce a tutto ciò che non è religione e religiosità, intese come fondamenti culturali ed etici dell'occidente che in un banalissimo ed efficacissimo senso nietzschiano trattengono l'essere umano dal diventare quello che effettivamente è: Un animale fra tanti.
Per fortuna c'è chi ci ricorda quello che siamo, e la cosa è sempre ed ovviamente, scomoda.
Scrivo nel 2024:
Ho rivisto da poco il film, primo di una trilogia che negli anni ho amato e visto talmente tante volte...
Aggiungo alcune idee che emergono dalla visione degli altri due film, Melancholia e Nymphomaniac.
Tutta la trilogia è una riflessione sulla femminilità, come potenza distruttrice, reale e sessuale.
Attributi che di norma si tende ad attribuire al "maschio", in queste pellicole, si declinano brutalmente al femminile. Si rimane sconvolti difronte alla reazione viscerale della protagonista di Antichrist nei confronti dello psicologismo deteriore ed anaffettivo del marito, altro protagonista (definito, dal regista un "vero coglione": And my male protagonists are basically idiots, who don’t understand shit. In Antichrist, too. So, of course things get fucked up!).
Se, come ci ricorda la volpe, il caos regna, allora non ci può essere un rifugio psicologico dallo tsunami di energia negativa generato da un lutto così feroce.
C'è, come sottotesto, il fallimento della psicologia? Assolutamente sì. Von Trier crede che esista una sola "cura" alla sofferenza psichica: l'arte. Il resto è arroganza e prepotenza. Il resto è esercizio di potere.
Anche la sessualità è un aspetto controverso nell'opera del regista, in relazione a quanto appena detto, in quanto ambito di esercizio del potere.
Non c'è atto sessuale gratuito, fine al reciproco piacere.
In questo film, come nei successivi, il sesso è sempre strumentale: come anestetico per il lutto, come esercizio supremo di potenza(Nymphomaniac), come ribellione (Melancholia).